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lunedì 18 giugno 2012

La Germania da (de)gustare

Esistono territori che al grande pubblico sono poco conosciuti come produttori vinicoli, e che invece hanno delle potenzialità eccezionali (e a cercare bene, si trovano grandi prodotti che sanno ben dimostrarle). E’ il caso del vino di cui vi racconto questa volta, che abbiamo potuto stappare e gustare questo sabato sera nell’osteria di un nostro amico.
Il vino proviene dalla Germania, più precisamente dalla zona vinicola della Mosella (o Mosel Saar Ruwer, per scrivere la corretta denominazione in tedesco, che prende il nome dai tre fiumi principali che la definiscono), nella quale il vitigno nettamente predominante è il riesling. Leggendaria la longevità eccezionale dei bianchi che ne derivano, e infatti nel nostro caso ci siamo trovati davanti ad un vino di 20 anni tondi tondi che sembrava imbottigliato il giorno prima!!!
Nel dettaglio, il nostro compagno della serata è stato un RIESLING AUSLESE 1992 del produttore Alfred Merkelbach. La dicitura “Auslese” indica una tipologia che viene prodotta solamente nelle annate migliori, nella quale i grappoli più maturi vengono selezionati a mano direttamente in vigna prima della raccolta.
La straordinaria longevità di questi vini è stata dimostrata subito fin dal colore nel bicchiere: giallo verdolino, poco carico e limpidissimo. Un colore del genere me lo aspetterei da un vino messo in bottiglia da qualche settimana, non da 20 anni!!! Eccezionale.
Al naso, tutta la stupenda tipicità del riesling: profumi dolci e predominanti di idrocarburi (come battuta avevo detto che mi sembrava di infilare il naso nel serbatoio della mia auto diesel), affiancati subito dopo da una splendida gamma di agrumi, pompelmo rosa e mandarino soprattutto, poi frutta a pasta gialla, erbe aromatiche e un’infinita serie di altre piccole sfumature che avrebbero richiesto ore per essere individuate tutte. E poi, un’intensità sorprendente, quasi una ventata che sale dal bicchiere a invadere le narici, pur mantenendo una freschezza e un’eleganza da grande fuoriclasse.
Al gusto, una freschezza che non ti aspetti, limpido, cristallino, anche qui con una netta dominanza di idrocarburi fin dall’inizio; poi, col passare dei minuti sono emersi gli agrumi, mandarino, pompelmo, poi albicocca e una leggerissima vena di miele d’acacia, probabilmente dovuta agli anni passati dalla vendemmia. Splendida la vena di dolcezza che raccoglieva il tutto in maniera piacevolissima e invitante. Conclude il sorso con erbe aromatiche delicatissime e molto variegate nell’evoluzione.
Insomma, un grande vino, degno fuoriclasse rappresentante di una bellissima tipologia fuori dai classici schemi a cui siamo abituati. Vale sicuramente la pena avventurarsi in qualche assaggio di vini di quelle zone… Soprattutto sottolineando che i vini di quelle zone tendono ad avere volumi alcolici molto contenuti (nel nostro caso 8,5%!!!!!!).
Quindi, come diceva il nostro amico oste: “Da bevarne a secci” (per i non veneti: “da berne a secchi”)!!!

martedì 5 giugno 2012

Una bomba di frutta

Questa volta devo proprio ringraziare un amico di lunga data, nonché mio compagno di band, per avermi fatto gentil cadeau della bottiglia di cui vi sto per raccontare, che ha preso direttamente in loco durante una delle sue passate visite in quella bellissima cittadina che è Montefalco, in Umbria. Nel dettaglio si tratta del Sagrantino di Montefalco DOCG COLLE GRIMALDESCO 2003 del produttore Tabarrini.
Il sagrantino è già noto per essere un vitigno che dona vini tannici, strutturati e concentrati, se poi aggiungiamo che il 2003 è stata un’annata intensamente calda e assolata, i presupposti per trovarci davanti ad un vino iperconcentrato e muscoloso c’erano tutti. Ancora di più, considerando che l’etichetta riportava un volume alcolico del 15%!!!
E invece, quasi sorprendentemente, si è rivelato meno “polposo” di quello che pensavo.
Al bicchiere, manco a dirlo, si mostra rosso rubino con qualche riflesso granata, scuro e impenetrabile, concentratissimo nel colore e nell’intensità.
La prima impressione che ho avuto avvicinando il naso al bicchiere è stata simile ad una marmellata di prugne e more stramature. Una miriade di frutti neri, con una vena di surmaturazione che non invecchia, ma anzi, impreziosisce la complessità del vino. Certo, non ci si può aspettare un vino “fresco” quando si sceglie un tal vitigno, in una tale annata, ma vi garantisco che l’assieme del frutto che ne emergeva era davvero piacevole e ben amalgamato. Seguono a ruota, intensi e imperiosi, cioccolato nero e caffè, uniti a una sottile nota di cuoio di sfondo. Col passare delle mezz’ore la frutta nera ha preso ancora più il sopravvento, pur lasciando sempre vivissimi il cioccolato fondente e il caffè.
In bocca mostra una struttura e una concentrazione notevoli (non poteva essere altrimenti). Si sente abbastanza il “calore” alcolico, però non risulta invadente, perché comunque surclassato rapidamente dalla concentrazione fruttata e dalle note terziarie in emersione. Anche qui, assolutamente protagonisti i frutti neri maturi, mora, ciliegia, prugna e, ad impreziosire il tutto, una bellissima nota di fichi neri a completare una gamma davvero variegata. Immancabili i tannini, vivi, potenti, ancora quasi ruvidi, ma nel complesso discretamente amalgamati nell’assieme del sorso. Chiude ancora in un finale lungo e piacevole di cioccolato nero, caffè, cuoio e tabacco.
Ultimamente sono pochi i vini di tale concentrazione che non mi risultino “stancanti” nella beva. Questo Colle Grimaldesco ne fa sicuramente parte, tanto che pur nella sua muscolosità, risulta di beva piacevole e invitante, se ottimamente accompagnato da uno spezzatino di manzo in rosso, come nel nostro caso.
Purtroppo questa volta le pulizie di casa sono state più rapide della mia macchina fotografica, quindi niente foto della bottiglia originale, ma vi posto un’immagine della sola etichetta che ho trovato in giro per il web.