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giovedì 29 marzo 2012

SA-uvignon di SA-ncerre

Come avevo già scritto qualche post indietro, ci sono dei territori che sono strettamente legati ad un vitigno in particolare. Avevo raccontato di un ottimo chardonnay della zona di Chablis; bene, questa volta il legame strettissimo coinvolge il sauvignon blanc e la zona di Sancerre.
Notare come la prima parte del nome ricorre in entrambi i casi… Pura coincidenza???
Comunque sì, rimaniamo ancora in Francia, ma non è mancanza di patriottismo. E’ che in queste zone particolarmente vocate, sarà per il clima, sarà per il terreno e l’esperienza dei vignaioli, ma l’eleganza e la longevità dei loro grandi bianchi non trova paragone in altre zone del mondo, anche dopo anni dal relativo millesimo di vendemmia.
Lo dimostra (manco a dirlo) il vino di cui vi sto per scrivere, assaggiato questo weekend con degli ottimi filetti di dentice al vino bianco. Si tratta del Sancerre Cuvée Edmond Vieilles Vignes 1998 di Alphonse Mellot, uno dei produttori più famosi e blasonati della sua zona.
Che mi trovassi di fronte ad un vino non comune lo si intuiva già dalla bottiglia, fatta di vetro color grigio-verde, completamente satinato. Nel bicchiere il colore si presenta di un giallo paglierino, non particolarmente carico malgrado quasi 14 anni trascorsi dalla vendemmia; già questo è stato il primo segnale di un vino ancora perfettamente giovane e ben conservato.
Al naso ha dato un’infinità di sfumature eccezionalmente amalgamate in un insieme piacevolissimo e intrigante. Era evidente la tipica sensazione di foglia di pomodoro, pur straordinariamente delicata e per nulla invadente, accompagnata da pesca a pasta bianca, pomodoro verde, agrumi dolci e una variegatissima nota di spezie fini sul finale.
In bocca ha mostrato una bella salinità, giusto quanto ci si aspetta da un vino perfettamente equilibrato, una buona struttura ma nel contempo delicata ed elegante. Mi sono perso per minuti interi a ricercare tutte le sfumature e le piccole sensazioni che pervadevano il sorso, ma in primo piano sono emerse piacevolmente anche qui la foglia di pomodoro e la pesca, con un secondo piano leggermente agrumato e un proseguio speziato che partiva dal timo, per arrivare poi alla salvia e ad un finale lunghissimo che richiamava l’alloro.
Un vino eccezionale, che mi ha sorpreso per eleganza, per equilibrio e per complessità.
Si dimostra ancora una volta che i grandi vini possiedono una longevità non comune che aumenta col passare degli anni la gamma di sensazioni che sono in grado di esprimere.