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lunedì 21 febbraio 2011

Non c'è due senza tre!

Come non onorare un vecchio e famoso detto popolare, quando se ne presenta l’occasione? Infatti, avevo già raccontato di un paio di vini prodotti in Maremma dall’amico Gianpaolo Paglia nella sua azienda Poggio Argentiera, e quindi oggi vi racconto di un altro vino dei suoi, o meglio… di uno dei suoi prodotti di punta: il re della Maremma, ovvero il Morellino di Scansano riserva DOCG.
Il suo morellino “base” (anche se chiamarlo base è un po’ riduttivo) si chiama Bellamarsilia, del quale potete leggere qualcosa nel forum di Vino Veritas. Il suo “riserva”, invece, è il più famoso CAPATOSTA, del quale ho avuto l’onore di assaggiare in anteprima l’annata 2008. La composizione rientra nel classico disciplinare del morellino, con una grande maggioranza di sangiovese (se non ricordo male al 95%) con una piccola aggiunta di alicante, un vitigno molto presente nell’alto Mediterraneo, sia in Italia (Toscana e Sardegna soprattutto, meglio noto come Cannonau) che in Francia (lì chiamato Grenache) e in Spagna (dove viene chiamato Grenacha).
Tendenzialmente, sono abbastanza restio a stappare vini a base sangiovese così giovani, perché molto spesso mostrano tannini particolarmente “evidenti e invadenti” (scusate il gioco di parole, ma spero di aver reso l’idea); invece anche questa volta il vino di Gianpaolo è riuscito a sorprendermi piacevolmente…
Ma veniamo alle mie personalissime impressioni. Il colore è un bel rosso rubino scuro, tendente al viola vivo, molto carico di colore pur mantenendo una buona limpidezza.
All’olfatto mostra un’esplosione di frutta nera matura, in cui emergono principalmente mora e marasca nera, contornate da una lieve speziatura e da una piacevole nota di tabacco. Ottima l’intensità al naso, pur mantenedo una bella omogeneità tra le fragranze.
All’assaggio mi aspettavo che il tannino giovane e rustico tipico del sangiovese mostrasse i suoi possenti muscoli… e invece, pur presente, il tannino non spicca, e la sensazione che manda questo Capatosta è di una bella morbidezza… di un vino quasi fresco e di beva piacevolissima. Non manca una gran bella concentrazione, un corpo e una struttura notevoli, ma senza risultare invadenti. Prevale moltissimo la marasca sul palato, quasi monopolizza il gusto in bocca, ma poi la senti accompagnata da un sottofondo di more e frutti di bosco, con un finale lungo e piacevole che termina in una bocca lievemente speziata (se dovessi identificarne una in particolare direi forse forse… l’alloro).
Un gran bel prodotto, che l’amico Gianpaolo mi aveva chiesto di assaggiare da giovane, dato che, da questa annata, sta man mano riducendo l’uso della barrique, per arrivare ad eliminarla definitivamente dalla prossima.
Se il risultato che deriva da questa scelta è la grande freschezza che ho sentito in questo prodotto, allora concordo pienamente con la nuova filosofia che hanno intrapreso a Poggio Argentiera.

lunedì 14 febbraio 2011

A ruoli invertiti

Questa volta vi scrivo di due grandissimi vini, assaggiati “in parallelo” nella nostra cena di sabato scorso, che hanno mostrato delle caratteristiche ben differenti da quelli che avrebbero dovuto essere i loro “canoni di letteratura”.
La serata ha visto accompagnarsi un grande Bordeaux e un grande Borgogna, il primo della zona di Pauillac, quindi prevalentemente a base cabernet sauvignon, e il secondo del Clos di Vougeot, tipicamente pinor noir in purezza. I sopra citati “canoni di letteratura” prevederebbero che il bordolese si mostri tendenzialmente più tannico e strutturato rispetto ad un Borgogna, e invece questa volta c’è stata una, anzi… due sorprese.
Partiamo dal Pauillac, e nel dettaglio del Grand Cru Classé CHATEAU LYNCH BAGES annata 2004, un blend composto da 84% cabernet sauvignon, 9% merlot, 5% cabernet franc e un 2% di petit verdot (leggo queste percentuali sul sito web dell’azienda).
Al bicchiere si mostra di un bel rosso rubino intenso e discretamente carico, un bel colore brillante che lascia presagire subito la sua concentrazione.
Infatti non tradisce.
Al naso si mostra elegantissimo e molto complesso, con una prevalenza immediata di frutta rossa matura, prugna, mora matura e cassis, seguita da una lieve nota di tostatura, tabacco e cioccolato fondente.
In bocca mi ha sorpreso per i tannini morbidissimi, quasi vellutati sulla lingua, per nulla astringenti malgrado la grande concentrazione del vino. Questo aspetto mi ha trasmesso un’eleganza sopra alla media rispetto a moltissimi altri prodotti della stessa zona, quasi inaspettata trattandosi di un vino composto per la stragrande maggioranza da cabernet sauvignon, che tendenzialmente dona vini più strutturati e tannici. Invece questo 2004 scivola via soavemente senza trasmettere alcuna sensazione ruvida sulla lingua, né sul palato; una caratteristica che può avere solamente un grande fuoriclasse!
In ogni caso, all’assaggio hanno prevalso anche qui ottime sensazioni di prugna matura, e confettura di more, attorniate in maniera discreta e molto fine da note di tabacco, cioccolato e un lievissimo finale erbaceo. Bella la persistenza e la sensazione piacevole dopo il sorso.
La sorpresa che mi ha dato la straordinaria morbidezza di questo Bordolese è stata immediatamente seguita da un’altrettanto grande sorpresa, nello scoprire che il nostro rappresentante della Borgogna si mostrava decisamente più strutturato e tannico di tanti altri suoi conterranei di quella regione chiamata “Cote de Nuits”.
Nel dettaglio il vino è il Grand Cru CLOS DE VOUGEOT 2006 del produttore Faiveley. Nel bicchiere ha mostrato un colore rubino vivo, non particolarmente carico, ma bello limpido e trasparente.
Al naso mi sembrava leggermente meno intenso rispetto ad altri Borgogna che mi sono capitati, più fine ed elegante, con un bel sentore di ciliegia e ribes in primo piano, seguiti poi a distanza di qualche minuto da una lieve nota di fragola selvatica, e contornati infine da una lieve e piacevole nota tostata. Successivamente, dopo un’oretta dall’apertura, si è anche mostrata una puntina di pepe nero che ha donato una complessità ulteriore ad un prodotto già di per sé intrigante.
All’assaggio, come già anticipavo prima, ha mostrato una muscolosità ed una concentrazione superiore alla media di altri Borgogna che avevo assaggiato in passato, con una discreta dose di tannini in bella evidenza, belli morbidi e assolutamente in equilibrio con il resto delle sensazioni. Effettivamente, devo dire, mi sembrava quasi che la loro presenza impreziosisse questo vino, donandogli quella piccola forma di “potenza” che spesso manca nei vini di quella zona. Al palato hanno prevalso, in una cavalcata di sensazioni, la ciliegia, il ribes e il lampone selvatico, contornati da una piacevole nota affumicata e da un finale leggermente tostato.
Due grandissimi vini, forse un po’ atipici rispetto alle loro due zone di appartenenza, ma in ogni caso confermo che si tratta di due assoluti fuoriclasse che spero di poter assaggiare di nuovo in futuro.
Un grandissimo ringraziamento all’enotecario che ce li ha consigliati e un complimento alla sua competenza, nell’averci suggerito di far seguire il Borgogna al Bordeaux, consiglio perfettamente azzeccato. Effettivamente, i canoni “di letteratura”, avrebbero previsto l’ordine al contrario, ma la nostra scelta si è dimostrata perfetta!