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lunedì 23 gennaio 2012

Il Piemonte in purezza.

Questa volta vi racconto di un vino che mi ha mandato così tanto in “brodo di giuggiole”, da essermi perfino dimenticato di fare la foto di rito alla bottiglia. E così ho dovuto prenderne una dal web, di pari annata, che già da sola dovrebbe far strabuzzare gli occhi di qualsiasi estimatore dei grandi vini italiani: il Barolo Monprivato 1996 di Giuseppe Mascarello, un grande vino in una grandissima annata (forse la migliore per di tutto il decennio dei ’90 per i vini piemontesi). Direi che con una splendida tagliata di petto d’anatra su salsa ai frutti di bosco non avremmo potuto metterci abbinamento migliore!!!
Ah, badate, stavolta non ho cucinato io e il vino non riposava nella mia modesta cantina, (a portate di tal levatura ancora non ci arrivo); siamo stati a cena nell’osteria di un nostro amico nel veneziano. Piatto e vino sono tutte e due opere loro!!!
Come sempre partiamo dal bicchiere, un bel rosso rubino con discreta unghia granata, davvero tipico dei grandi nebbiolo invecchiati, con una trasparenza piacevolissima e brillante.
Al naso è un’esplosione di frutta rossa, viva, spettacolare. Domina su tutte una ciliegia imponente, contornata da prugna, ribes nero e sotto sotto anche una venetta di lampone maturo. Fanno da contorno una bellissima e piacevolissima gamma di erbe aromatiche, tabacco dolce e una viva sensazione balsamica, quasi mentolata. Un’intensità sorprendente, abbinata da un’eleganza da fuoriclasse. Mi ha sorpreso davvero moltissimo sentire come una gamma di profumi così decisa potesse essere amalgamata in maniera così perfetta.
Il sorso è morbido, vellutato, fruttatissimo e lungo, con un bellissimo richiamo della ciliegia innanzitutto, per poi passare a tutte le varie sfumature fruttate. Chiude con un lungo finale di tabacco e, ancora, la ciliegia che rimane in bocca per minuti dopo il sorso. Si sentono ancora i tannini vibranti, ma perfettamente mitigati dagli anni passati in cantina, segnale che questo vino avrebbe ancora una lunga storia da raccontare negli anni a venire. La struttura è allo stesso tempo presente ma discreta, senza spigoli, senza eccessi, con un’eleganza sorprendente.
Si dice di solito che i grandi barolo richiamino un pochino i grandi cru di Borgogna. In questo caso, e in accordo con i miei amici presenti, questo vino ci ha un po’ ricordato la struttura, la morbidezza e la freschezza dei grandi grand cru di Bordeaux… O forse, come ha detto il nostro amico oste: “Questò è il Piemonte in purezza!”
Un assieme splendido, un vino da ricordare e, se mai capitasse di trovarne un’altra bottiglia da qualche parte, da non farsi assolutamente scappare!

lunedì 16 gennaio 2012

Quando ci vuole...

Per questo sabato era prevista un’uscita a cena in compagnia di diversi amici, nella quale era prevista l’apertura di una doppia magnum (3 litri) di un grande vino italiano di cui vi racconterò, spero, presto.
Però poi una serie di defezioni per varie cause avevano ristretto il numero a 4 persone. Troppo poche per aprire “il gigante”, quindi alla fine ho deciso di fermarci a casa nostra e, preso dal “raptus” di voler fare comunque una bella cena “seria”, ho stabilito senza alcuna consultazione portate e vini.
E con sommo piacere, posso ben dire a posteriori che la cenetta è riuscita talmente bene, che non abbiamo assolutamente rimpianto l’occasione saltata. Ma andiamo per ordine: siamo partiti con un bell’antipastino con culaccia di Parma affattata sottile sottile (da sciogliersi in bocca) con grissini, seguito poi da un ottimo primo di bigoli all’anatra, da leccarsi i baffi.
Con queste due portate abbiamo abbinato il vino di sinistra che vedete nella foto, ossia lo Champagne Brut Extra Cuvée de Riserve di Pol Roger; uno champagne davvero ben fatto!!! So che l’abbinamento con il primo non sarebbe stato “da manuale”, ma aprire una terza bottiglia mi sembrava francamente un po’ eccessivo per 4 persone. D’altronde… Est modus in rebus, dicevano i Latini!!!
Comunque la nostra cuvée si presenta di un bel giallo paglierino discretamente carico, bello brillante e con un perlage fine e per nulla invadente.
Al naso, sembra sacrificare un po’ l’intensità per la finezza, e comunque direi che personalmente preferisco così. In grande evidenza un naso di frutta gialla, contornata da ribes e agrumi dolci in secondo piano, crosta di pane, e una bella nota floreale.
Invece in bocca ha rivelato una struttura notevole, quasi in contrasto con la finezza dell’olfatto, pur mantenendo un bellissimo equilibrio, una buona freschezza e una piacevole sapidità. Anche qui si accompagnano in bella evidenza note di piccoli frutti rossi e agrumi dolci, ananas, note di lievito, timo, salvia e un finale fragrante, piacevole e persistente.
Per secondo invece mi sono lanciato in una bellissima tagliata di sorana, ricavata dal taglio della costata, privata dell’osso. Alta tre dita e cotta a perfezione… crostina ben cotta e interno rosa succulento, tenera come il burro… Una meraviglia!!!
Per questa bontà, non ho esitato a tirar fuori dalla mia cantina l’altro vino che vedete in foto: un Chateau Gazin 1999, grande vino di Bordeaux della zona di Pomerol. Come per tutti i vini di quella stessa “appellation” è marcata la presenza del merlot, infatti l’etichetta riporta come composizione 85% merlot, 12% cabernet sauvignon e 3% cabernet franc. Il colore del vino è un bellissimo rosso rubino scuro, quasi impenetrabile, pochissimi i riflessi granati, grande segno di giovinezza.
Al naso è un’esplosione di prugna matura, confetture di more, ciliegia e mille altri frutti rossi maturi, con un’eleganza e una finezza degna dei grandi bordeaux. Seguono poi in secondo piano tabacco, cacao e una piccola nota vegetale assolutamente ben amalgamata.
Il sorso è piacevolissimo, con una finezza fresca ed affascinante. Anche qui prevale la frutta rossa, con la mora e la ciliegia matura in primissima evidenza, poi tabacco da pipa, alloro, cacao e un intrigante finale lungo di caffè. Una complessità notevole, che mi ha riportato alla mente altri vini, ben più costosi, assaggiati in passato. Nessuna spigolatura: un vino rotondo ad un grado di maturazione probabilmente ottimale.
C’è poco da dire, non mi faccio spesso dei complimenti per la cucina, ma con le portate e i vini di sabato, la serata è stata un successone!!!

mercoledì 11 gennaio 2012

CHA-rdonnay di CHA-blis

C’è poco da dire, oltre alla stessa parte iniziale della parola c’è un legame stretto e indissolubile che lega la zona vinicola dello Chablis con il suo vitigno bianco principe (e probabilmente anche l’unico che vi si coltiva), lo chardonnay.
I vini di Chablis fanno parte, enologicamente parlando, dei vini di Borgogna, anche se in realtà geograficamente si trovano a minore distanza dalle zone di produzione dello champagne, più che dei vini della Cote d’Or. Per questo, probabilmente, prendono una vena gusto-olfattiva più decisa rispetto ai loro cugini prodotti più a sud.
La forza e la costruttività del legame che citavo mi è stata confermata una volta di più dal vino assaggiato ieri sera, uno CHABLIS 2009 del produttore J.P. Droin. La famiglia Droin, leggo sul loro sito internet, è nota per avere una lunghissima tradizione vitivinicola, quindi mi aspettavo di trovarmi davanti ad un prodotto sicuramente ben fatto, coltivato e lavorato da mani esperte.
E infatti è andata proprio così.
Nel bicchiere il vino si presenta giallo paglierino tenue, davvero bello limpido. Al naso inizialmente parte con una marcata nota calda, mista tra il “burroso” e l’amandorlato, seguita da pesca sciroppata, ananas e una vena di erbe aromatiche, poco percettibile ma presente! Pecca inizialmente di freschezza nei profumi, ma man mano che è salita la temperatura, quest’ultima è arrivata senza farsi attendere; con lei è aumentata di gran carriera la frutta gialla e una piacevolissima nota di agrumi, oserei dire di pompelmo rosa. La vena amandorlata è comunque rimasta di contorno, a completare una gamma olfattiva davvero variegata e piacevole.
Al palato mostra una buona finezza, una bella acidità e una struttura rotonda, tipica dei bianchi di Borgogna ben riusciti. Anche qui predomina inizialmente la pesca gialla, con un bel secondo piano di ananas, erbe fini e un bel termine morbido, che anche qui definirei come “burroso”. Buona la persistenza, che lascia in bocca un gusto piacevole e che invita a prendere presto un altro sorso.
Per carità, non potrà di certo competere in complessità ed eleganza con i grandi cru di quella stessa "Appellation", ma sicuramente un vino ben riuscito, consigliatissimo a chiunque voglia avvicinarsi ad uno chardonnay di Borgogna senza spendere un patrimonio. Me ne rimangono in cantina altre due bottiglie, delle quali almeno una rimarrà un paio d’anni tranquilla per sentire come sarà la sua evoluzione nel tempo.