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giovedì 9 dicembre 2010

Chissà perché l'hanno chiamato ciliegiolo?

Mi era capitato in una sola altra occasione parecchi anni fa’ di assaggiare un vino prodotto con 100% di uva ciliegiolo. Si trattava di un vino toscano di cui non ricordo il nome, ma l’annata sì: il 1999 (considerata un’ottima annata in Toscana), e anche in quella occasione mi era rimasto un ricordo più che piacevole.
Proprio ieri sera ho avuto modo di provarne un altro, che si chiama PRINCIPIO, prodotto in piena Maremma da Antonio Camillo, con la collaborazione della più nota e blasonata azienda Poggio Argentiera, e l’annata è l’ultima, il 2009 (fatalità a 10 anni esatti dalla prima volta… Guarda a volte le coincidenze!)
Il ciliegiolo è un vitigno che in Toscana viene utilizzato spesso come aggiunta al più famoso sangiovese, è presente qualche volta nel chianti, molto spesso nel morellino e nei vini di altre denominazioni di quella regione.
Manco a dirlo, il nome stesso indica quale sia la sua principale caratteristica organolettica, perfettamente rispettata anche nel vino che mi è capitato sulla tavola.
Secondo voi quale sarà???


E infatti la degustazione non ha lasciato delusi: al bicchiere si è mostrato rosso rubino vivo, quasi con tendenza al viola chiaro, bello limpido e non particolarmente carico.
Al naso ha prevalso la ciliegia matura (ma guarda!!!), sicuramente in forte evidenza, con intensità discretamente buona e accompagnata da un leggero sottofondo speziato in cui ho riconosciuto per primo il chiodo di garofano.
Mi ha sorpreso l’eleganza e la freschezza al palato. Tannini presenti ma leggeri, poco astringenti e che lasciavano scorrere sulla lingua una vena di leggera dolcezza molto piacevole e ben equilibrata. Quasi superfluo dirlo, ha prevalso un ottimo sentore di ciliegia matura, accompagnata successivamente da un finale che ricordava la viola, ben attorniato da una lieve speziatura.
A voler proprio cercare un suo difetto, direi che ho sentito un finale un po’ corto, con il gusto che è svanito velocemente dopo il sorso, ma credo che sarebbe forse più giusto parlare di un limite intrinseco del vitigno, e non di un vero e proprio difetto.
Sicuramente non potrebbe competervi in complessità, ma la freschezza e la rotondità dei tannini mi fanno quasi azzardare un paragone con qualche buon pinot nero dell’Alto Adige.
Un vino semplice e buono, che vale sicuramente la pena provare quando si cerca un accompagnamento a qualche carne bianca.

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