Cerca nel blog

martedì 2 dicembre 2008

La tradizione non muore mai

Il barolo è uno dei vini più blasonati al mondo e questa fama l’ha guadagnata negli anni a suon di prodotti di livello a dir poco “spettacolare”. Non a caso, nei commenti di qualche post fa’, avevo indicato come il mio “preferito di sempre” proprio uno di questi vini, grandissime dimostrazioni delle potenzialità dell’uva nebbiolo.
Negli anni, anche le tecniche di produzione di questo vino hanno subito sperimentazioni e innovazioni, che hanno portato a risultati più o meno positivi (in certi casi ci si addentra poi nei meandri dei gusti personali); è comunque fuori discussione che, quando ci si trova davanti ad un barolo fatto secondo tradizione (quindi senza l’impiego delle famose barrique, ma solo con utilizzo di “botti grandi”), ci si deve aspettare un prodotto di grande levatura.
E questo lo ha decisamente confermato il barolo VIGNA RIONDA 2001 del produttore Anselma di Serralunga d’Alba. Un vino complesso ed elegantissimo, che ha decisamente surclassato un altro barolo del 2001, di un produttore che qui non nominerò e che abbiamo degustato “in parallelo” (badate bene, anche quest’ultimo si è dimostrato un buon vino, ma comunque non al livello del protagonista di questo post).
Il nostro Vigna Rionda, appena versato nel bicchiere, ha mostrato la sua bellissima veste di color rosso rubino limpido, viva e per niente cupa, come infatti ci si deve aspettare da un vino prodotto con il 100% di uva nebbiolo.
All’inizio, poco dopo l’apertura i profumi erano molto chiusi, quasi celati dietro ad una cortina di cuoio e tabacco… poi col passare dei minuti c’è stata un’evoluzione incredibile verso la ciliegia e il lampone, sempre contornati da spezie e tabacco con un’eleganza e una finezza incredibile. Sembravano quasi accarezzare le narici e stuzzicare la salivazione nell’attesa del primo sorso.
In bocca si è mostrato vellutato e rotondo, nessuna sbavatura e soprattutto nessuna nota vanigliata che prevaricasse gli altri gusti. I tannini sono stati leggeri e astringenti giusto un poco solo nel finale del sorso; i gusti predominanti sono stati anche qui la marasca e il lampone, ben accompagnati da una fresca dolcezza e da lieve retrogusto affumicato.
Quello che mi ha particolarmente sorpreso è stata l’evoluzione man mano che passavano i minuti, la predominanza nei profumi che si è spostata dal cuoio, alle spezie e infine alla frutta matura. Le sfumature e le note appena percettibili lo hanno davvero reso un vino di grande complessità, che si è mostrato austero e scorbutico all’inizio, ma dolce e elegantissimo poco dopo.
Sarei curioso di riassaggiarlo tra qualche anno, perché a mio avviso potrà avere ulteriori evoluzioni positive nel tempo…

Nessun commento:

Posta un commento