Ovviamente il titolo non va interpretato in chiave antropologica… Bensì enologica. E da questo punto di vista, se a più di 20 anni dalla vendemmia un vino si dimostra ancora grandissimo, allora ci troviamo davanti ad un prodotto davvero di levatura eccezionale.
Diciamo che solo alcuni vitigni sono in grado di dare prodotti che si prestano bene a lunghi invecchiamenti, tra questi il nebbiolo, unico componente dei famosissimi Barolo e Barbaresco, la corvina veronese, il cabernet, genitore dei grandi bordeaux francesi, e alcuni altri, tra cui il sangiovese, in particolare se coltivato in Toscana.
Proprio un vino fatto di sangiovese toscano è il protagonista di questo assaggio, anzi… un grande protagonista, di cui avevo già citato in passato le annate 1999 e 2001. Questa volta, invece, siamo andati alla grande con l’annata 1990.
Si tratta del (allora) vino da tavola di Toscana TORRIONE 1990 della fattoria di Petrolo.
Leggo dall’etichetta che viene prodotto con vigne piantate nel 1952, quindi nel ’90 avevano quasi 40 anni; i vini provenienti da piante così datate hanno sempre un fascino particolare, sembra quasi che l’età doni loro una dose di “esperienza” innata nel far maturare al meglio i propri acini. Uscendo dall’immaginario, sicuramente hanno le radici più profonde, che vanno a prendere sostanze e sali minerali differenti da quelli presenti in superficie, forse anche maggiormente concentrati, nonché una riserva di umidità maggiore del terreno che permette alla pianta di superare meglio i periodi particolarmente caldi o siccitosi.
Ma veniamo all’assaggio: il colore è un bel rosso bordeaux vivo, con qualche riflesso granato, ma non particolarmente evidente. L’intensità del colore mi ha dato subito il primo segnale di una straordinaria conservazione e di un’ulteriore potenzialità evolutiva.
Dopo quasi due ore dall’apertura (accorgimento assolutamente necessario con vini così datati), al naso ha liberato profumi intensi ed evoluti, in cui si sentono all’inizio cuoio, caffè e tabacco, seguiti dopo qualche minuto da un’esplosione di confettura di ciliegie, more stramature e prugne secche. Avrei passato mezz’ora a scovare e interpretare le mille sfaccettature delle nuances che salivano dal fondo del “ballon”, che mi hanno confermato l’ottimale evoluzione in bottiglia, ma la voglia di assaggiare era troppa.
Subito al palato ha mostrato una grandissima vitalità, un frutto caldo e avvolgente in confettura, nel quale predominavano assolutamente la marasca e la mora, uniti ad un tappeto complesso e variegato di tabacco, chiodi di garofano, pietra focaia, caffè e cacao. Il finale del sorso è stato persistente, caldo e piacevole, terminante in una nota tostata di caffè che mi sembra quasi di sentire ancora.
Un prodotto eccezionale, che è probabilmente arrivato al punto giusto di maturazione per donare a chi lo assaggia tutta la sua grandissima potenzialità.
Spero tanto che chi mi ha venduto questa bottiglia ne abbia almeno un’altra!!!
Diciamo che solo alcuni vitigni sono in grado di dare prodotti che si prestano bene a lunghi invecchiamenti, tra questi il nebbiolo, unico componente dei famosissimi Barolo e Barbaresco, la corvina veronese, il cabernet, genitore dei grandi bordeaux francesi, e alcuni altri, tra cui il sangiovese, in particolare se coltivato in Toscana.
Proprio un vino fatto di sangiovese toscano è il protagonista di questo assaggio, anzi… un grande protagonista, di cui avevo già citato in passato le annate 1999 e 2001. Questa volta, invece, siamo andati alla grande con l’annata 1990.
Si tratta del (allora) vino da tavola di Toscana TORRIONE 1990 della fattoria di Petrolo.
Leggo dall’etichetta che viene prodotto con vigne piantate nel 1952, quindi nel ’90 avevano quasi 40 anni; i vini provenienti da piante così datate hanno sempre un fascino particolare, sembra quasi che l’età doni loro una dose di “esperienza” innata nel far maturare al meglio i propri acini. Uscendo dall’immaginario, sicuramente hanno le radici più profonde, che vanno a prendere sostanze e sali minerali differenti da quelli presenti in superficie, forse anche maggiormente concentrati, nonché una riserva di umidità maggiore del terreno che permette alla pianta di superare meglio i periodi particolarmente caldi o siccitosi.
Ma veniamo all’assaggio: il colore è un bel rosso bordeaux vivo, con qualche riflesso granato, ma non particolarmente evidente. L’intensità del colore mi ha dato subito il primo segnale di una straordinaria conservazione e di un’ulteriore potenzialità evolutiva.
Dopo quasi due ore dall’apertura (accorgimento assolutamente necessario con vini così datati), al naso ha liberato profumi intensi ed evoluti, in cui si sentono all’inizio cuoio, caffè e tabacco, seguiti dopo qualche minuto da un’esplosione di confettura di ciliegie, more stramature e prugne secche. Avrei passato mezz’ora a scovare e interpretare le mille sfaccettature delle nuances che salivano dal fondo del “ballon”, che mi hanno confermato l’ottimale evoluzione in bottiglia, ma la voglia di assaggiare era troppa.
Subito al palato ha mostrato una grandissima vitalità, un frutto caldo e avvolgente in confettura, nel quale predominavano assolutamente la marasca e la mora, uniti ad un tappeto complesso e variegato di tabacco, chiodi di garofano, pietra focaia, caffè e cacao. Il finale del sorso è stato persistente, caldo e piacevole, terminante in una nota tostata di caffè che mi sembra quasi di sentire ancora.
Un prodotto eccezionale, che è probabilmente arrivato al punto giusto di maturazione per donare a chi lo assaggia tutta la sua grandissima potenzialità.
Spero tanto che chi mi ha venduto questa bottiglia ne abbia almeno un’altra!!!
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